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Le falde acquifere rischiano di esaurirsi


Le falde acquifere costituiscono un’importante fonte idrica per l’agricoltura regionale, che va ad integrare il contributo naturale delle piogge e quello artificiale dei canali di bonifica, per mantenere elevate le produzioni e consentire una redditività adeguata all’attività di produzione primaria.

È opinione corrente e diffusa che, a fronte degli ingenti prelievi estivi, le falde si ricarichino per infiltrazione nelle stagioni più piovose - soprattutto autunno e primavera - con una ciclicità annuale.

Ciò è certamente vero per gran parte degli acquiferi superficiali (un acquifero è uno strato di roccia porosa in grado di immagazzinare, filtrare e cedere acqua), dove sono stati osservati molti fenomeni di ricarica rapida; questo avviene soprattutto nelle aree di conoide (formazioni di sabbia e ghiaia di origine fluviale, diffuse in Emilia-Romagna, che facilitano il trasferimento sotterraneo delle acque dalle montagne all’acquifero di pianura).

D’altra parte, se non esistessero processi di ricarica, non esisterebbe inquinamento delle acque di falda; il fenomeno, invece, è purtroppo ben osservabile nelle acque sotterranee, fino alla profondità di circa 100-150 metri, mentre rare o nulle tracce si riscontrano a profondità maggiori di 150 metri. A quelle profondità la velocità di circolazione delle acque è estremamente bassa e l’età maggiore rispetto a qualunque altra riserva idrica ospitata in acquiferi superficiali.

E se i prelievi superano gli afflussi, o la stagione si mette contro...

..non sarà il caso di ripensare a qualche invaso?

Tutto l'articolo divulgativo è liberamente consultabile qui:

https://www.researchgate.net/publication/283122274_Le_falde_acquifere_rischiano_di_esaurirsi

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